Buttare i libri non è peccato
Guido Vitiello, insegnante e saggista
Gentile bibliopatologo,
mi trovo nel mezzo di un trasloco e svuotando gli scaffali mi rendo
conto di aver accumulato negli anni una serie di libri (spesso ricevuti
in regalo) che non ho letto e non mi interessano particolarmente.
Tuttavia sono cresciuto con il dogma secondo cui “buttare i libri è
peccato” e non riuscirei a sbarazzarmene così facilmente. Cosa devo
fare?
– Enrico
Caro Enrico,
mi farò scudo, prudentemente, dell’antica favola del granchio. Non
camminare per traverso, gli raccomanda la madre, e non sfregare il
fianco contro la roccia umida. Se vuoi che io impari – le risponde lui,
impertinente – cammina dritta tu, mamma, e io vedendoti farò lo stesso.
Esopo ne trae una morale che trovo detestabile e pedante: chi vuol
rimproverare gli altri cominci a rigar dritto e solo dopo pretenda di
dar lezioni. Io dalla stessa favola caverei tutt’altro insegnamento: a
volte capiamo cos’è giusto e lo vorremmo fare, ma ne siamo impediti
dalla nostra natura; speriamo tuttavia che qualcun altro trovi l’audacia
di superare quel limite.
Te la ricordavi, la favola di Esopo? Ecco, ora scordatela per qualche
minuto, perché intendo predicare bene e razzolare malissimo. Non sono
ancora abbastanza trombone per citarmi addosso, ma del resto neppure
abbastanza cinico da riciclarmi facendo il finto tonto, così mi sento in
dovere di confessarti che avevo già provato, in uno sciocchezzaio di alcuni anni fa, a confutare il dogma che sei stato educato a rispettare. Così predicavo:
Tutto si butta: vestiti logori, avanzi di cibi, pile di vecchie
riviste, lampadine fulminate, oggetti che ingombrano senza dare nessun
beneficio. Ora, in base a quale criterio dovremmo buttare la tarantola
vibrante a pile da massaggio che ci hanno venduto al tavolo del
ristorante e conservare, invece, uno dei centododici libri di Giampaolo
Pansa che hanno la parola ‘vinti’ nel titolo, e che ingombrano molto di
più? Per quale ipotetico inverno, formichine, stipiamo cose che non ci
serviranno mai? E che se proprio dovessero servirci – ma non ci
serviranno, fidatevi – le biblioteche stan lì apposta? “Fanne uno
scatolone e mettili in soffitta”, dirà qualcuno. Ma siamo sinceri: chi è
mai andato davvero in soffitta a recuperare un libro? La soffitta è
come il ‘periodo di riflessione’ quando un amore finisce: una
vigliaccheria. ‘Caro Atlante De Agostini 1992, ti sto scaricando, ma non
ho il coraggio di dirtelo in faccia’.
Questo pensavo nel 2010, questo penso tuttora. Ma quanto ho
razzolato male! Da allora non ho buttato un solo libro. Neppure uno.
Manuali di istruzioni di tecnologie obsolete da decenni, ponderosi
dossier da due chili e mezzo sui diritti umani nel mondo pieni di
tabelle e statistiche aggiornate agli anni di Videla, una vasta
collezione di primi volumi omaggio di enciclopedie allegate a qualche
quotidiano (so tutto sulle persone i cui nomi cominciano per A)… questi e
altri ectoplasmi fluttuano in soffitta, sospesi in una dimensione
intermedia tra la persistenza e l’estinzione per la quale forse solo il Libro tibetano dei morti avrebbe le metafore adatte.
Buttare i libri non è peccato, il dogma che ci hanno messo in testa è
mera superstizione. Solo che io non ce la faccio a dare il buon
esempio. Posso provare a dar buoni consigli, questo sì; e magari,
chissà, sarai tu a superare il mio limite. Esopo prende le parti del
figlio strafottente, ma fidati, aveva ragione mamma granchio.
(fonte:Internazionale )