FATE IL VOSTRO GIOCO
di Antonio Manzini
«Non ci abbiamo capito niente, Deruta. Forza, al lavoro». Due coltellate
hanno spento la vita di Romano Favre, un pensionato del casinò di
Saint-Vincent, dove lavorava da «ispettore di gioco». Il cadavere è
stato ritrovato nella sua abitazione dai pochi vicini di casa
dell'elegante palazzina, e serra in mano una fiche, però di un altro
casinò. Rocco Schiavone capisce subito che si tratta «di un morto che
parla» e cerca di decifrare il suo messaggio. Si inoltra nel mondo della
ludopatia, interroga disperati strozzati dai debiti, affaristi e
lucratori del vizio, amici e colleghi di quel vedovo mite e ordinato.
Individua un traffico che potrebbe spiegare tutto; mentre l'ombra del
sospetto sfiora la sua casa e i suoi affetti. Ed è ricostruendo con la
sua professionalità la tecnica dell'omicidio, la scena del delitto, che
alla fine può incastrare l'autore. Ma il morto è riuscito a farsi
capire? Forse non basta scavare nel passato: «Favre ha perso la vita per
un fatto che deve ancora accadere». Il successo dei libri di Antonio
Manzini deve probabilmente molto al loro andare oltre la semplice
connessione narrativa tra una cosa (il delitto) un chi (il colpevole) e
un perché (il movente). Con le inchieste del suo ruvido vice-questore,
Manzini stringe il sentire del lettore a una vicenda umana complessa e
completa. Così i suoi noir sono in senso pieno romanzi, racconto delle
peripezie di un personaggio che vale la pena di conoscere, sentieri
esistenziali. Sono, messi uno dietro l'altro, la storia di una vita:
Rocco Schiavone, un coriaceo malinconico che evolve e cambia nel tempo,
mentre lavora, ricorda, prova pietà e rabbia, sistema conti privati e un
paio di affari. Sicché, in "Fate il vostro gioco", il vice-questore
riconosce apertamente un semifallimento: ha smascherato il criminale ma
troppe cose non tornano. Resta un buco nella sua consapevolezza che gli
rimorde come una colpa, e deve colmarlo. Lo farà, si ripromette, la
prossima volta e, per il lettore, nella prossima avventura.
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