Hoeg a "pordenonelegge":
"Io,Susan e il mito della felicità danese"
Diffidate dei santoni, delle pop star, degli artisti, diffidate anche
degli scrittori che provano a predicare, ma non diffidate di lui,
Peter Hoeg,
che quando parla agli altri di temi complessi – politica, donne,
felicità – non detta leggi e ricette facili ma si muove con prudenza e
circospezione. Come si muoveva
Smilla sulla neve, piedi
sicuri solo su tracce profonde e l’istinto naturale ad evitare
crepacci. Le insidie, spiega Hoeg a “Pordenonelegge”, sono tutte nel
ruolo pubblico di chi è famoso e attira su di sé l’ansia di risposte
della gente comune su temi esistenziali ai quali si può dar conto solo a
se stessi: “Chi fa l’artista, o come me, lo scrittore, può solo aprire
piccoli buchi nella realtà, provare a costruire immagini o suoni che
portino la mente oltre, a evocare emozioni profonde, come Mozart quando
ricrea il suono dell’amicizia e dell’amore con le sue note e ti apre il
cuore, come chi ha la dote di entrare dentro di te e farti parlare,
tirandoti fuori il tuo intimo, la tua onestà…”.
Come Susan,
la protagonista dell’ultimo libro di Hoeg, scrittore danese che al
festival del libro di “Pordenonelegge” si è concesso ai giornalisti e al
pubblico con il carisma del narratore di eroine femminile dotate di
superpoteri che accetta però solo il ruolo di “giocoliere” di parole,
proprio come il circense che fu. Un giocoliere che in
“Effetto Susan”,
di Mondadori, fa coesistere temi complessi – come l’amore, i segreti,
la comunicazione sociale e la trama politica di stretta attualità – come
farebbe un domatore in una gabbia di camosci, topolini e tigri feroci. E
Susan? Chi è? “Una donna normale che ha la dote dell’empatia, la
capacità di entrare nelle persone, di aiutarle a manifestare sentimenti
profondi, una dote umana, non divina né paranormale, una dote che hanno
persone che conosco e che ho seguito, da cui ho tratto spunto per il mio
libro”. Che anche in questo caso, come già per Il senso di Smilla per
la neve, I Quasi adatti, La Bambina silenziosa, parte dal cervello e
dalle potenzialità della mente per costruire trame da thriller, con uno
sfondo quasi sempre sociale, di denuncia, di riflessione. Anzi, per
dirla alla Hoeg, di “meditazione”, senza presunzione. Hoeg, a Pordenone,
più che empatico si mostra simpatico, anche quando parla di quella
felicità che qualcuno ha teorizzato sia di stanza solo nella sua
Danimarca: “Sì, nei paesi scandinavi il sistema sociale è costruito per
evitare e combattere le disuguaglianze, ma è anche vero che problemi
epocali che sono in atto in paesi che ci circondano, come quello
dell’immigrazione in Grecia e in Italia, non possono non lasciare
indifferenti le nostre comunità. Perché la felicità non è mai
individuale, in una società così globalizzata”. E Peter non è mai
categorico, in una società che sputa sentenze.
LUCA MAURELLI
(fonte SECOLO d'Italia)