Racconti in un palmo di mano
di Kawabata Yasunari
- Kawabata Yasunari (1899-1972), uno degli autori giapponesi più noti al lettore occidentale, ha saputo far coincidere nella scrittura l'eredità della grande tradizione estetica giapponese e le più attuali riflessioni sulla letteratura elaborate dai movimenti d'avanguardia europei. La parola come pennellata suggestiva capace di fissare in un tratto di scarna liricità ogni più minuta percezione del mondo era già della letteratura di epoca Heian (VIII-XII sec.), ma Kawabata ne fa il vessillo della nascente "Scuola della nuova sensibilità" e, rompendo con i modi dell'ormai stanco naturalismo autoctono, propugna una scrittura che privilegi la ricerca formale e l'impatto "sensoriale" delle cose.
Fin troppo facile ma assai legittimo paragonare questi brevi racconti del Nobel giapponese a degli haiku in prosa per l'efficacia costruttiva che li caratterizza e per la capacità di lasciar sospeso un senso di promuovere il non detto a centro del testo. Si tratta però tranne che nei racconti più evidentemente improntati a un surrealismo squisito e quasi svanente di una sospensione di senso che ha forti radici nel reale nei piccoli drammi della gente comune negli amori impossibili o assoluti (si vedano due capolavori come La madre e Suicidio d'amore) nelle difficoltà quotidiane (Acqua molto bello). All'interno di una vastissima produzione di narrativa breve l'attenta e appassionata curatrice ha trascelto i racconti che già Kawabata aveva raccolto in quattro libri pubblicati fra il 1926 e il '48 parallelamente all'uscita dei suoi romanzi o racconti lunghi grazie ai quali è ben noto anche in Italia. L'odierna pubblicazione è quanto mai opportuna sia per l'intrinseco valore della maggior parte dei racconti sia perché – come ricorda Civardi nel denso saggio introduttivo al volume dove si chiarisce bene il senso tutto zen dell'attrazione di Kawabata per il nulla – anche romanzi come Il paese delle nevi nacquero dalla giunzione di testi brevi e scritti autonomamente. Il volume è completato da un glossario e dalla pubblicazione del discorso di accettazione del Nobel (1968) intitolato Il Giappone la bellezza e io compiuta espressione di poetica giustamente ristampato in un libro che è secondo la curatrice "la più giapponese delle sue opere".
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