sabato 5 maggio 2018

IL ROSSO VIVO DEL RABARBARO Audur Ava Ólafsdóttir



IL ROSSO VIVO DEL RABARBARO

di Audur Ava Ólafsdóttir

- C’è un piccolo villaggio sul mare dove la vita trascorre bislacca e tranquilla. Mentre gli uomini sono fuori a pescare, le donne si dedicano alla cucina, cantano nel coro della chiesa, recitano nella compagnia teatrale amatoriale, vanno a lezione di cucito e si scambiano barattoli di marmellata di rabarbaro. Lí il rabarbaro è dappertutto: la flessibilità del suo gambo disegna il profilo degli isolani e il rosso vivo ne colora le vite e le passioni. Nella parte alta del villaggio, in una casa rosa salmone, abitano Nína e Ágústína. Nína è una donna pratica e saggia che ha allevato Ágústína senza essere sua madre. La vera madre è un’ornitologa sempre in giro per il mondo occupata dalle sue ricerche sugli uccelli. Madre e figlia si scrivono lettere. Ágústína non ha mai conosciuto suo padre, esperto di balene, ma periodicamente gli invia messaggi in bottiglia o telepatici. Nel seminterrato della casa c’è poi l’officina di Vermundur, uno dei rari uomini del villaggio a non uscire per mare. Vermundur è uno che aggiusta tutto, che introduce nel villaggio i primi tostapane e i primi televisori provenienti dall’estero e che produce paralumi. Ma nel villaggio c’è soprattutto Ágústína, un’adolescente speciale: a causa di una malattia alle gambe cammina con le stampelle. Anche la visione del mondo della ragazza è particolare: in un certo senso Ágústína non riesce a vedere e percepire le cose del mondo con normale distacco. La fanciulla è una sorta di «creatura della natura». Concepita tra i campi di rabarbaro, è lí che trascorre molto del suo tempo. O tra il rabarbaro, o sulla spiaggia, quando la bassa marea lo permette. Ágústína vive una vita intellettualmente indipendente, portando avanti le sue convinzioni. È anche una specie di genio matematico, un genio sregolato che non segue i normali metodi di studio e di analisi, per cui capita che di tanto in tanto metta in difficoltà il suo insegnante con quesiti che sono veri e propri arcani. E soprattutto Ágústína ha un sogno da realizzare, o meglio un obiettivo da raggiungere. Scalare, con le sue «gambe matte», La Montagna dietro casa, otto- centoquarantaquattro metri di terra protesa verso il cielo. Per farlo avrà certamente bisogno di buone scarpe ma Nína le regalerà un paio di scarponcini da trekking per il suo compleanno... E, chissà, una volta giunta in cima, insieme al vento della vetta, potrà accarezzarla anche l’idea di crescere. Ancora una volta Auður Ava Ólafsdóttir, con lucidità e candore, racconta una storia sospesa fra fiaba e quotidianità e ci offre la sua bizzarra e affettuosa visione dei piccoli e grandi fatti della vita.

Nessun commento:

Posta un commento