- Gabriella Kuruvilla è nata a Milano nel 1969, da padre indiano (del Kerala) e madre italiana. Madre di un figlio piccolo si è laureata in architettura ed è giornalista professionista. Ha collaborato con vari quotidiani e riviste, tra cui "Il Corriere della Sera", "Max", "Anna", "Marie Claire" e "D di Repubblica". Dopo aver trascorso sei anni nella redazione milanese di un mensile di arredamento Brava Casa, per cui ancora oggi lavora come free-lance, si è dedicata completamente alla narrativa e alla pittura.
Scrive e dipinge a tempo pieno. I suoi quadri, realizzati prevalentemente in sabbia e tessuto, sono stati esposti sia in Italia che all'estero
Per Morellini Editore, dal 2014, cura la collana Città d'autore, per cui sono uscite le antologie Milano d'autore (2014), Roma d''autore (2015), Monaco d'autore (2016), Bologna d'autore (2016), Genova d'autore (2017), Calabria d'autore (2018) Sicilia d’autore (2019) e Romagna d’autore (2020) di cui ha disegnato le copertine e checomprendono anche i suoi racconti.
Sempre per Morellini Editore, dal 2017, illustra alcune copertine della collana Varianti.
Altri suoi racconti si trovano in diversi volumi, tra cui la Smemoranda 2014 e le antologie Pecore nere (Laterza, 2005), Re/search Milano. Mappa di una città a pezzi (Agenzia X, 2015), Lettere alla madre (Morellini Editore, 2018), Spiegelungen / Vite allo specchio (nonsolo Verlag, 2018) e Lettere al padre (Morellini Editore, 2020).
L'autrice si sta avvicinando alla drammaturgia. Il suo Essere o non essere è stato rappresentato Allla seconda edizione di Teatri di Vetro, rassegna con un focus privilegiato sulla scena indipendente italiana.
"La prima volta che mi hanno definito una persona di successo sono rimasta di sasso. Ero con altre scrittrici migranti in uno studio televisivo iperriscaldato. Che significa? Mi sono chiesta tutto il giorno. Che sembro una bianca e non sono più una indiana color beige? Che non lavo i cessi delle case dei ricchi? Che anzi vesto come le persone per bene e faccio una cosa estremamente chic? Che ogni tanto i giornali parlano dei miei racconti? Non mi sento vincente, qualsiasi cosa esso possa significare. Trovo che in questo vocabolo ci sia uno scollamento tra la mia realtà quotidiana e il mio apparire pubblico. La mia realtà è fatta di sacrifici…sacrifici per mio figlio, per il lavoro, per il mio sogno di scrivere. L’apparire invece fa vedere un glamour che non esiste, un successo che non esiste."
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