lunedì 3 maggio 2021

Lunedì d'Autore

 

CARMEN PELLEGRINO

Biografia

- Nata nel1977,originaria di Postiglione degli Alburni, centro cilentano al confine tra Campania e Basilicata, situato fra i massicci appenninici dei monti Alburni, è una scrittrice e storica, il cui campo di indagine l'ha resa nota per l'attenzione dedicata alla memoria dei borghi abbandonati e alla scienza dell'abbandono, intesa come ritorno alla coscienza dei luoghi attraverso il recupero del loro vissuto storico e della loro storia interiore; attività per la quale l'Istituto Treccani ha appositamente coniato il neologismo "abbandonologo".Studiosa caratterizzata da eclettismo intellettuale, dopo il saggio '68 napoletano. Conflitti sociali e lotte studentesche tra conservatorismo e utopie, del 2008, - saggio storico sui movimenti collettivi di dissidenza - e una variegata produzione saggistica in antologie e opere collettanee, nel 2015 ha esordito in ambito narrativo con il romanzo Cade la terravincendo il Premio Rapallo Carigenella sezione Opera Prima e il Premio selezione Campiello, entrando nella cinquina finalista del  Ptrmio Campielloe ricevendo eco nel panorama letterario contemporaneo per il peculiare carattere innovativo dello stile. La narrazione prende forma intorno a un flusso di ricordi, o, meglio, di memoria, che si nutre del passato di un paese deserto e in disfacimento, popolato ormai solo di ombre, che l'Autrice Pellegrino filtra attraverso la voce narrante di Estella, l’unico io che echeggia in tutte le sezioni del romanzo e che parla con i "suoi" fantasmi. In questo percorso a ritroso, verso la memoria dei luoghi e delle persone che li hanno popolati, è come si realizzasse la riscoperta di una vita clandestina, sotterranea e nascosta in tutto ciò che è in apparente rovina (nella nota finale del romanzo, l'Autrice dirà: «Ho tratto dai ruderi una prospettiva capovolta, un invito alla resistenza: ho visto una possibilità nelle cose lasciate a perdersi, nell’inutile»). Ecco dunque il significato che si ricava dall'opera: ridare un nome alle cose che lo hanno perso, riempiendole di un nuovo senso, alla ricerca di una humanitas che non si limita al presente ma scava nel passato.



Con il secondo romanzo, Se mi tornassi questa sera accanto, ha vinto la trentaduesima edizione del Premio Dessì nel 2017. Il titolo riprende l'incipit della poesia A mio padre di Alfonso Gatto, sintetizzando, come in una dichiarazione, il senso di un romanzo sulla distanza, a volte solo apparentemente abissale, tra gli esseri umani - specie quelli che si sono amati - e sulla ricomposizione. In quella distanza vive Lulù, la protagonista, sulle sponde di un fiume lontano migliaia di chilometri dal fiumeterra che la legava al padre Giosuè Pindari (il quale, da uomo "appenninico", nella sua radicata fede per gli elementi terra e acqua, continua ad affidare alla corrente le sue lettere per la figlia: «Al fiume, affiderò le lettere, ciascuna in una bottiglia. Le darò al fiume, a quest’acqua che sgorga dalla terra. Sai, Lulù, ho fiducia nelle cose che vengono da lì: la terra non mi ha mai tradito»). Nella medesima distanza vive, sulla nuova riva, Andreone, che aspetta la piena del fiume, e, con essa, come Giosuè, il ritorno di una donna amata e perduta. L'elemento unificante è costituito dalla tensione, spesso tormentata, alla ricerca della parola che ripara («In quel momento Lulù pensò a quanto sia complicata la vita per i figli dell'uomo, che cercano il perdono definitivo per quello che fanno, ma non perdonano mai se stessi per quello che non hanno fatto»).

Nel 2018, con Concita De Gregorio - che ha promosso e coordinato l'idea editoriale - e altre autrici, ha pubblicatoPrincesa e altre regine[, volume dedicato alle donne delle canzoni di Fabrizio de Andrè, in cui ognuna delle scrittrici dà voce narrativa a un brano dell'indimenticato cantautore.

La felicità degli altri, nel 2021, segna il ritorno al romanzo]. Cloe è una donna che ha imparato a parlare con le ombre. Un'anima in ascolto, alla ricerca di una voce che la riporti al luogo accidentato della sua origine, al trauma antico di quando, bambina, cercava di farsi amare da chi l'aveva messa al mondo. Nel suo cammino costellato di fragorosi insuccessi e improvvisi passi avanti, attraversa città, cambia case, assume nuove identità, accompagnata da voci, ricordi, personaggi sfuggenti: Emanuel, il fratello amatissimo; il professor T., docente di Estetica dell'ombra; Madame e il Generale, guardiani della Casa dei timidi, dove era stata accolta a dieci anni. Uno sguardo che cerca attenzione e verità e un viaggio coraggioso che è il racconto di un amore e di una speranza che non si spengono, anche quando dentro e fuori non c'è che rovinai: qualcosa là in fondo si muove e lei sa che deve raggiungerlo, come una viandante nell'oscurità. Sospinto dal baluginio delle ombre (a cui il Professor T., docente veneziano di estetica delle ombre, caravaggescamente, la inizierà insegnandole a trarre l’ombra dalla luce e non il contrario: «Nascondiamo la nostra debolezza e rifuggiamo quella degli altri per non esserne contagiati. Ma sono le nostre ombre a essere indebolite, per la fatica di proteggerci. Bisognerebbe averne riguardo, trattarle con gentilezza. Cercare il luogo oscuro dove riparano. Non giudicare»), quello di Cloe  (già «Clotilde» e che sarà poi Anais e infine Esoluna – nomi che si darà «per decifrare le voci che venivano da un sotterraneo accuratamente evitato» –) è anche un percorso interiore di anastilosi (termine che l’Autrice prende in prestito dall'archeologia), con suggestioni allegoriche lungo una narrazione dall’incedere poetico (con tono profetico, inteso nel suo senso etimologico, pro-phemì, «parlare al posto di») intriso di echi letterari (Dostoevskij, prima di tutto – e il suo «perché» e «cosa c’entrano i bambini?» di Ivan Karamazov - , ma anche Euripide con la Medea, e poi Célan, Rilke, Ruskin, Hölderlin, Borges, Mallarmé, Raboni – che dà il titolo al romanzo con una sua poesia – , Sereni e molti altri) e ampi richiami impliciti alla cultura rabbinica (Madame, la premurosa donna che, insieme al Generale, accoglie i bambini soli e abbandonati nella «casa dei timidi» è scampata ai campi di concentramento). Un’ascesa allegorica che prende le mosse dalla Teogonia di Esiodo («Dunque, per primo fu Caos»), per arrivare alla «salita» al «Monte della Domanda» di un esercito di bimbi che, come nella storica crociata dei bambini, si danno adunata per iniziare una spedizione in cui «incedono e parlano all’unisono»senza divisioni, capaci di autodisciplinarsi senza ordini («Andiamo!.. In pochi minuti si dispongono in  file di cinque o sei, si autodisciplinano seguendo una sorta di regola interiore che crea armonia. I più piccoli occupano i posti centrali nelle file, le scarpe allacciate dai più grandi…») e arrivare in cima al cospetto di Dio («Sarà un giorno lungo e caro, questo. Finalmente saliremo sul Monte e gli parleremo. Faremo la nostra domanda educatamente, poi ce ne andremo») dopo giorni di marcia all’imbocco della grotta, dove solo la tenerezza dei piccoli schiude ogni riluttanza («digli che abbiamo il miele… è per i più piccoli ma possiamo dargliene un cucchiaio» e così Dio: «Manda a dire che ci ascolterà e accetta volentieri il nostro miele») in un coro degli ultimi arrivati, «ma anche i più lontani dal giorno» in cui il mondo è stato creato, che chiedono di salvare i loro padri «dal cuore che si rimpicciolisce e chiude», perché «soli e spaventati», adulti paralizzati dalla loro paura più grande, quella di morire, pronti a difendere la loro vita, ma incapaci di riconoscerla «nella foglia d’albero, nella rondine in volo, nel povero che bussa», perché li disturba «chi piange in silenzio». I bambini come esperienza di ricomposizione e mediatori d’amore, nonostante i loro padri e la violenza inferta: «mandagli un segno della tua presenza…: venga tra noi, lo ameremo». Una tenerezza, quella dei piccoli, che, con la sua semplicità, dischiude le porte di quella incomunicabilità che l’adulto, il Generale, non riesce a colmare («dalla glottide del Generale continuano a uscire le ragioni seminali dell’aspro suo dissidio con Dio, al quale rimprovera soprattutto tiepidezza, qualcosa che ha a che fare con il compiacimento dell’inerte per la sua stessa inerzia»), benché Cloe riconosca che a questo Dio si possa perdonare il silenzio, la mancata presenza là dove era atteso: «questo Dio posso perdonarlo, come qualsiasi uomo sperduto che non sa più cosa fare».

Ha maturato esperienza televisiva curando, su Rai Uno, ne Il caffè di Raiuno, una rubrica settimanale dedicata alla memoria dei borghi abbandonati e al recupero della coscienza del loro vissuto storico], nonché radiofonica su Radio Rai

Scrive per il Corriere della Ser, inserto letterario La lettura, ed è autrice di numerosi saggi su riviste letterarie.



Opere

Saggi

  • 68 napoletano, Tissi, Angelica, 2008 

Romanzi

  • Cade la terra, Milano, Giunti, 2015 
  • Se mi tornassi questa sera accanto Milano, Giunti, 2017 
  • La felicità degli altri, Milano, La nave di Teseo 2021 ISBN 88-346-0518-7.

Antologie

  • Qui si chiama fatica: storie, racconti e reportage dal mondo del lavoro, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2010 
  • Princesa e altre regine, Aa.VV., a cura di Concita De Gregorio, Milano, Giunti, 2018 

Curatele

  • Non è un paese per donne: racconti di straordinaria normalità, Milano, Mondadori, 2011 

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