- Sono passati oltre settant’anni dall’8 settembre 1943, ma – si dirà – noi italiani siamo sempre gli stessi: quelli dell’uomo forte e dei “giri di valzer”; quelli che cominciano i conflitti da una parte e li finiscono dall’altra.
Oggi conosciamo il benessere, ripudiamo la guerra (è scritto nella nostra Costituzione), apparteniamo all’Unione Europea, all’ONU e alla NATO, e prestiamo le nostre basi militari a chi la guerra continua a farla, per poi impegnarci nelle missioni di pace. Siamo fatti così – che ci volete fare? – e talvolta, come in passato, ci tocca vergognarci dei nostri politici.
Per fortuna, ogni tanto, anche se sempre più raramente, ci capitano tra le mani libri come questo, per aiutarci a riflettere, a ricordare e a capire.
Perché non è vero che noi italiani siamo tutti così, che si può fare di ogni erba un fascio. Anche nelle condizioni peggiori, in una guerra mondiale, nella più tetra delle tragedie, ci sono stati soldati italiani migliori dei loro generali, e uomini che hanno saputo scegliere con coraggio e fino in fondo la parte giusta, tenere la schiena dritta e combattere per degli ideali, nonostante terribili rischi e patimenti, spesso sacrificando la vita.
Questo libro racconta la storia di un soldato italiano in Albania durante la Seconda guerra mondiale, basata su un diario privato tenuto dallo stesso soldato nei mesi immediatamente successivi all’Armistizio. Il soldato si chiamava Guido Viazzi, e all’epoca dei fatti aveva ventidue anni. L’autrice di questo libro, Bruna Viazzi, è sua figlia.
LA FRASE CHIAVE DEL LIBRO
“L’Italia. Dov’è finita l’Italia? Oltre le montagne, oltre il mare, al di là dei pensieri e delle nuvole; io non ricordo bene. Ci vuole la nave per tornare a casa, o l’aereo, l’apparecchio, come lo chiamano i vecchi. Magari adesso posso tornare a casa…”
domenica 5 settembre 2021
LA STRADA PER ELBASAN
LA STRADA PER ELBASAN
Il diario di un soldato italiano
dopo l'8 settembre del 1943
Bruna Viazzi
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