“L’idea di ‘Unica a mio modo proprio come te’ non c’è mai stata – spiega la giovane autrice – E’ venuta fuori all’improvviso, nel tempo; terminati i miei studi linguistici fra i banchi di scuola, e a distanza ormai di 5 anni dalla mia guarigione, decido di mettere su carta la vecchia me e quella che, negli anni, sono diventata. Delicata, ma potente”.
“Nasce dalla viva speranza che, un giorno, il prossimo sarebbe stato capace di regalarmi tutte le sue particolarità tanto quanto le mere sfumature che decido di raccontare qui, oggi, con la mia storia. Le storie non sono, sempre, dei percorsi semplici ma, a volte, possiamo imparare anche da esse: ammettere di essermi ammalata ha voluto dire ammettere di aver conosciuto, nella vita, la debolezza. Ho vissuto momenti di così ricca intensità da pensare che tutto quello che sarebbe arrivato non sarebbe stato all’altezza: attraverso la potenza degli affetti, il ricordo ormai sbiadito di mia nonna e l’arte del saper perdere ripercorro quella che io, tanto, amo definire essere stata la mia cicatrice sul cuore. L’anoressia”.
“Scelgo di raccontare uno dei momenti più bui della mia vita con una tale delicatezza che, quasi, non mi sembra vero… faccio ritorno a casa con l’idea di aver riconosciuto ogni mio passo, ogni mio passo falso. Non sapere bene dove andare mi è servito per unire quelli che erano i punti. Lei, amata Liguria, mi avrebbe pertanto ricordato ogni mio punto debole e, così, ogni mio punto di forza: il consiglio che non posso non tirar fuori è come non si debba mai pensare di essere arrivati alla fine solo perché, per un po’, il sole sia spento su di noi. Mi emoziona vedere come la mia cicatrice si sia trasformata in un finale, dal risvolto positivo. L’unico modo per non cadere, di nuovo, negli stessi errori sarebbe stato ricordare quegli errori: sono fiera di non essermi mai data per vinta, parola di giovane marmotta”.
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