Nonostante la presenza degli elementi tipici del genere ero guro, erotismo, grottesco e nonsense, con Fraction, Shintaro Kago decide di ampliare il suo repertorio e di avventurarsi in una storia mistery-investigativa.
La vicenda, che segue l’operato di un assassino che taglia a metà le sue vittime, si sviluppa su un doppio binario: da una parte gli omicidi e dall’altra degli intermezzi in cui è l’autore stesso a diventare vittima, spettatore e protagonista della storia.
Una finzione metanarrativa di cui Kago approfitta per dialogare a tu per tu col lettore, una sorta di dichiarazione d’intenti in cui afferma di voler oltrepassare i confini dell’ero guro e di variare i suoi schemi. Il tutto è condito da piacevoli, ma non sempre brillanti, riflessioni sulle potenzialità del mezzo-fumetto e sul relativismo di vedute del lettore.
In coda vi sono poi altre quattro storie brevi, in cui l’autore dipinge degli incubi orrorifici, giocando sulle perversioni nichiliste della società moderna.
Il tratto è molto pulito, immediato e meticoloso: Kago caratterizza i suoi personaggi con dovizia di particolari, soprattutto nelle scene più macabre, in contrasto con gli sfondi geometrici e squadrati. Se per il suo mistery utilizza uno stile più semplice e chiaro, nelle storie brevi l’atmosfera torna cupa, i segni imperfetti e i neri riempiono le tavole.
Fraction non è un’opera per stomaci deboli. Costituisce un esperimento dell’autore basato su una storia poco originale, arricchita da interessanti spunti metanarrativi, ma che in definitiva non rappresenta un punto irrinunciabile nella produzione di Kago.
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