- Siamo ad Alicudi, la terra più solitaria delle Eolie, ed è il 1903. Siamo in uno dei momenti di maggior povertà della storia dell’isola, già poverissima, e la fame è tanta. Troppa.
Gli arcudari, sebbene scettici, decidono di sostituire il grano, divenuto introvabile, con un particolare tipo di segale, nerissimo, tanto da valergli il nome di tizzonara, e provvisto di piccole protuberanze che fanno pensare a delle corna. Quando iniziano a mangiare il pane fatto con la tizzonara, gli abitanti dell’isola cominciano ad avere delle visioni: donne che volano, le majare, streghe che si librano in cielo dirette a Palermo; chiese che crollano; pietra pomice che cade dal cielo come fosse pioggia.
Solo molti anni dopo si scoprirà che la segale era stata infestata da un fungo, il claviceps purpurea, una sostanza simile all’LSD. È in questo scenario, remoto e a tratti surreale, che conosciamo le storie di Caterina, una ragazza di quindici anni che ha appena perso la sorella gemella, quella della famiglia Iatti, la più povera dell’isola, e quella delle donne di tutti i tempi, la cui vita «è stabilita da regole non scritte eppure così presenti nella mente di tutti».
È un romanzo delicato e intenso, una storia che rapisce da subito anche per l’incredibile capacità di scrittura di Marta Lamalfa, un’esordiente con una maturità stilistica e una padronanza nel governare la trama fuori dal comune.
... ma cosa c'è di vero in questa vicenda?
La piccola e desolata isola siciliana, protagonista della storia di Lamalfa e considerata da molti come la gemella più selvaggia di Filicudi, è uno dei luoghi più suggestivi dell'arcipelago delle Eolie e continua a sedurre i visitatori con la sua bellezza aspra e le leggende che da sempre l'accompagnano.
Ad Alicudi si arriva con un traghetto che parte da Lipari. Non ci sono strade, non ci sono automobili. Alcuni abitanti del luogo, gli arcudari, all'approdo di nuovi turisti sono soliti indicare una villa dalle tinteggiature rosate: il vecchio mulino del villaggio, dove ogni mattina veniva sfornato il pane allucinogeno.
La maggior parte degli studiosi, di ricercatori e medici professionisti, ritiene che la segale cornuta sia l'unica spiegazione logica per la serie di eventi e fatti soprannaturali che si sono verificati sull'isola nel secolo passato e che sono stati documentati nel corso della storia. Essi ritengono che la segale infetta fosse il risultato, insieme, della scarsa igiene, dell'isolamento e della povertà dell'isola, che comportavano la scarsità di cibo e il consumo di cereali infetti da funghi.
Secondo Paolo Lorenzi, antropologo che effettuò degli studi sull'isola nell'arco di un soggiorno durato otto mesi, furono gli inglesi che commerciavano a Messina e Palermo, e che poi passavano dalle Eolie, a portare il fungo sull'isola e, quasi sicuramente, a inizio Novecento, gli arcudari non avevano la minima idea che causasse allucinazioni, così come non potevano sapere che avrebbe dato vita alle leggende isolane più antiche.
L’antropologa Macrina Marilena Maffei, studiosa delle leggende eoliane, intervistando gli anziani di tutto l’arcipelago, teorizza che l’arrivo della segale cornuta potrebbe essere databile a secoli prima e su tutte le isole, non solo ad Alicudi: «gli effetti della segale cornuta, tra l’altro, si conoscevano già dagli antichi Greci, che la ingerivano prima di rituali misterici».
Nessun commento:
Posta un commento