- Nella sua ultima intervista, Jacques Derrida affermava di provare due sensazioni contrastanti in merito al proprio lascito e alla propria eredità. Pensava che alla sua morte non sarebbe rimasto più nulla, tranne i libri nelle biblioteche. E poi sentiva che la sua opera non era ancora stata davvero letta, e che questo compito restava a venire. Oggi Derrida è un autore consacrato come uno dei classici della filosofia del Novecento. Un filosofo letto e commentato, su cui si è scritto e si continua a scrivere molto. La "decostruzione", formula con cui si è voluto riassumere il suo pensiero, è stata ricostruita dal punto di vista storico-filosofico. Temi come la decostruzione delle idee di verità e di realtà sono entrati nel dibattito pubblico. Che cosa resta da fare dunque? Leggere Derrida in modo nuovo, per provare a ereditare il cuore del suo pensiero e condurlo verso l'avvenire. Si tratta, per citare Derrida, non tanto di ordinare i resti secondo la logica dell'archivista, ma di "vagliare il fuoco". La sfida dell'eredità, la sfida per gli "eredi", è questa: provare a portare il fuoco. Quella di Simone Regazzoni non è quindi una ricostruzione storico-filosofica del pensiero di Derrida. Ma non per questo si allontana dal suo pensiero o si limita a usarlo come spunto per spostarsi altrove. È un dialogo serrato, e selettivo, con Jacques Derrida, a partire dai suoi testi. Tenendo presente la sua intera produzione e gli snodi della sua biografia, che per Derrida è intimamente intrecciata al pensiero e non può essere dimenticata.
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