- La vita che vi devo è la terza parte di un trittico teatrale che ha come oggetto il prendersi cura della sofferenza del vivere umano. Nella prima pièce, Sinassi, il viaggio nella quotidianità, che spesso rivela imperfezioni ed ingiustizie, in cui tutto può sembrare vano, ma può dispensare gioie e mostrare le sue delizie, può finalmente iniziare solo imparando ad avere carità per se stessi e gli altri, accettando il povero cristo che alberga dentro ognuno di noi. Nella seconda, Ulisse e la zanzara, la lotta contro il degrado e la corruzione dell’animo umano passa attraverso la lingua, usata con poesia, perché solo questa condizione può far intravedere il bello che si nasconde nell’emarginazione e nella diversità ridando dignità a chi è considerato ultimo. La terza parte, La vita che vi devo, affronta il tema dell'esistenza come relazione genuina che diventa spazio di cura della sofferenza dell’altro, e di relazione con il proprio talento, affinché questo dono non rimanga colpevolmente inespresso.
Il protagonista, Elio Sfiligoi, è uno psicoterapeuta insoddisfatto e vive nel timore di non rimanere aderente alla dottrina di formazione. Durante una seduta con una paziente, Irma Lodetti, con la quale la terapia non sta dando il cambiamento desiderato e per la quale prova noia e irritazione, si accorge che il suo mondo sta ristagnando come quello della sua paziente. Irma narra un episodio bizzarro che le è accaduto di recente, in cui uno strano personaggio le dice che “se non vivi la tua vita, c’è una sorta di spirito fantasma, un’anima non risolta pronta a rubartela per avere una seconda possibilità”. Mentre Elio sta riflettendo su questo racconto appare, solo a lui, il Fantasma di un nobile del Settecento, il Conte Arcadio, insieme alla governante Desiolina. Il protagonista rimane stupefatto da questa incursione e si sviluppa un dialogo che coinvolge anche la terapia. Dopo un po’ appaiono anche un rivoluzionario degli anni Settanta, Marco Furkaches, che di nuovo interagisce con Elio e con il Conte, e un poeta dell’Ottocento, Angelo Piramonti, che non riesce mai a finire una poesia.
La seduta termina con la percezione di Irma che sia lei che il terapeuta hanno sospeso la propria esistenza.
Elio decide di andare dal suo supervisore, Petra Colletti, e affrontare il problema, ma i suoi continui rifiuti e le sue resistenze di fronte alle considerazioni della psicoanalista evocano lo spirito di Carl Gustav Jung (Elio è di formazione junghiana), che appare sulla scena spiegando ad Elio il motivo delle sue apparizioni e lo invita ad avere coraggio, riconsiderando le sue posizioni e le sue scelte.
Elio accetta i consigli di Jung e gli chiede di accompagnarlo ad affrontare i suoi fantasmi.
Il messaggio da cogliere è che se non vivi la tua vita, qualcuno la vivrà al tuo posto e non ti potrai lamentare. Riprendendo l’incipit della pièce: “La vita è il dono originario che determina un debito incancellabile. Se non vivi il dono originario non ci può essere condono”.
sabato 4 maggio 2024
LA VITA CHE VI DEVO
LA VITA CHE VI DEVO
Commedia in tre atti
Alessandro Giuseppe Tedesco
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