- E' la storia della vita di Clara con la sua interiorità e la sua sessualità, tutto con una corrispondenza biunivoca tra la vita quotidiana e la ciclicità (perpetua) della luna. I tre capitoli racchiudono l'inizio-la vita -la fine della sua avventura sessuale. Alcuni aspetti del racconto della protagonista sono confusi con i ricordi e con l'attualizzazione dell'evento, tale che non si capisce se è vissuto in quel momento o se è solo un ricordo. Il tutto spalmato con un pizzico di malizia e divertimento.
Estratto
...La mia era una rivendicazione ancestrale, dettata sia dalla mancata opportunità di scelta di sesso, sia dalla condizione di scelta del membro, ovvero, perché potevo e dovevo solo godere di essere una donna copiosamente vogliosa e non potevo, all'origine, scegliere chi volevo o desideravo essere? Se fossi una donna che, invece di ricevere il sesso, lo volesse offrire? Perché mai solo gli uomini potevano offrire la protuberanza? E chi stabilisce chi e come si deve godere? Siamo sicuri che si goda allo stesso modo? Chi ha la vagina gode come chi ha il pene? Io credo che sia diverso. Penso che la diversità non stia nella stratificazione morale e religiosa acquisita nel tempo a causa delle dottrine, ma che siano le dottrine che, attraverso il racconto dell'uomo, abbiano differenziato il piacere sessuale, generando quello maschile e quello femminile.
Al di là delle implicazioni socio-culturali del 'te lo faccio sentire tutto fino in gola' oppure 'ti faccio godere come una vacca' o ancora 'ti spezzo in due', che comunque indicano un processo fisico del membro maschile nei termini di pura fisicità, per praticare sesso il pene deve diventare duro, deve crescere ed indurirsi con tutta una serie di problemi relegati alla fisica. I maschi devono assicurarsi che l'impianto idraulico sia funzionante, che il glande non abbia troppa sensibilità, che il filetto che mantiene la carne sopra la cappella non sia troppo tirato nella fase dell'eccitamento, che ci sia connessione diretta e pulita con il cervello, sede unica della fonte dell'eccitamento e che, infine, in quei momenti non abbiano a fare pipì.
I maschi, hanno un cazzo di problema.
E voglio escludere il senso dell'apparato riproduttivo fuori dall'organismo e faticosamente sopportato in mezzo alle gambe. Una borsa insignificante che poteva tranquillamente essere riposta all'interno del pube, ma che, per motivi a noi (e a loro) sconosciuti, resta all'esterno con alcune difficoltà di gestione.
Mentre noi non abbiamo tutto questo fardello di meccanismi. Tutto è all'interno, non abbiamo bisogno di concentrazione mentale per irrigidire nulla, dobbiamo solo divaricare le gambe ed accogliere il sesso del maschio. I punti di eccitamento sono nella parte delle labbra e di quel famoso punto 'G', che io chiamo punto di non ritorno, posto all'interno, e i capezzoli del nostro bene amato petto. Di conseguenza, niente fastidi, possiamo muoverci in qualsiasi modo e senza essere infastidite da presenze ingombranti. Abbiamo il seno, ma quello può essere ridotto ai minimi termini di lavoro, solo per la fase dell'allattamento. Quindi se c'è questa enorme differenza, perché dovremmo godere allo stesso modo? E poi vorrei sapere perché sanno godere solo loro e solo loro usano termini volgari per descrivere l'appagamento, e poi dopo l'eiaculazione ti chiedono, "Amore ti è piaciuto, sei venuta?".
Allora io mi chiedo, se avete tutta questa macchinosa preparazione ed un altrettanto difficoltoso mantenimento delle necessarie condizione fisiche per prolungare il vostro piacere, perché dovete fare i duri e i forti per poi belare pietosamente all'orecchio di noi donne se siete stati all'altezza del rapporto? Come le misere mura di Babilonia caddero al soffiare dei venti e si disgregarono sotto la potenza divina, così mielosamente vi frustrate ai nostri piedi cercando conforto e sicurezza e penzolate miseramente come ogni pene dopo la fuoriuscita seminale. Almeno fatevi furbi ed evitate di elevarvi a teste d'ariete.
Siete piuttosto teste di 'cazzo'.
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