- Allora mi sdraiavo, chiudevo gli occhi e cercavo di immaginare la sensazione del mondo che si richiudeva sopra di me, mentre io stavo immobile e aspettavo che finisse, per scoprire com'era fatto l'interno, per scoprire se, almeno lì, potevo prendermi una pausa dal rumore e dal silenzio, e da me. E ora capivo il senso di quei punti di sospensione. «Ti amo, ma... vorrei che fossi diversa.» «Vorrei che fossi più facile.» Perché erano le cose facili quelle che preferiva, non era mai stato bravo con le sfide. Lo capivo dal modo in cui ormai anche i dieci non bastavano più per farmi sentire «l'amore suo". E io piangevo, mi incazzavo da morire, urlavo, lo odiavo, mi odiavo, perché lo amavo comunque. Lo capivo da come mi guardava, sempre alla ricerca di qualcosa che mancava, e che sarebbe mancato sempre, perché anche gli avessi dato il mondo, poi avrebbe voluto il cielo”. Jolanda Renga affronta il tema dell’educazione sentimentale attraverso Giaele, la sua protagonista, che inizia la scalata del suo cuore sperando di arrivare in cima per imparare, prima di chiunque altro, ad amare se stessa.
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