“Sono trent’anni che vado in giro per l’Italia e il resto del mondo a suonare con i Modena City Ramblers. Centinaia di palchi, milioni di chilometri in macchina, un’ernia al disco, migliaia e migliaia di persone conosciute, di strette di mano, qualche birra ogni tanto, e musica, tanta. L’idea di mettere in parole scritte tutte le emozioni, o se non tutte molte di esse, non è per vanità o voglia di mettermi alla prova con qualcos’altro che non sia la musica. Credo che sia bello, o almeno così spero fortemente, pensare che tanti nostri fan, tanti amici che ci hanno seguiti in tanti anni possano condividere con me questi miei pensieri. Un po’ il dietro le quinte di una canzone, di un disco, del viaggio che magari ha proprio ispirato quella canzone. Per i Modena City Ramblers il viaggio non è mai stato fine a sé stesso. Rappresenta un momento importante dal punto di vista artistico e sociale. Come dice il titolo del nostro primo album, che abbiamo tradotto da un disco di Bob Dylan, Riportando tutto a casa, il viaggio non è il fine ma il mezzo perché la testa si apra totalmente lasciando entrare esperienze, visioni, rumori, suoni, profumi che poi diventano canzoni. Tutto quello che ho visto e sentito in questi anni è ancora vivo nella mente, nel cuore, nella pancia.” Hanno suonato a Plaza de la Revolución a Cuba e nel deserto del Sahara, hanno portato la loro musica tra i dimenticati del mondo e fatto ballare migliaia di persone nelle piazze d’Italia, hanno collaborato, tra gli altri, con Luis Sepúlveda, Bob Geldof, Francesco Guccini, Goran Bregovic ́. Dopo trent’anni di musica, viaggi e avventure insieme, Franco D’Aniello, fondatore dei Modena City Ramblers, racconta per la prima volta la loro storia.
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