- Cherchez l’eau, seguite l’acqua. Gli olandesi, così abili nel liberare migliaia di chilometri quadrati di terra dalla sua presenza, non riescono a togliersela dalla testa. O meglio, non possono: se lo facessero il loro paese scomparirebbe in un attimo inghiottito dai flutti. Nei Paesi Bassi, per definizione, se gratti sotto la superficie esce sempre l’acqua. E se provi a raccontare il paese, perfino oggi che la natura è in apparenza domata, ti ritrovi sempre con i piedi bagnati. Lo sa bene il grande reporter Frank Westerman, che nei polder è cresciuto, e che individua nella nostalgia per una natura incontaminata (un ossimoro: la natura in Olanda è solo artificiale) la sorgente di uno dei conflitti irrisolti del paese, tra la sua anima agricola e quella urbana e ambientalista. Sono teoricamente sott’acqua i meravigliosi canali di Amsterdam a cui lo scrittore belga Stefan Hertmans dedica un’appassionata dichiarazione d’amore ammantata di benevola invidia. Sono sotto il livello del mare anche le piste dell’aeroporto di Schiphol – uno dei maggiori hub europei – il porto di Rotterdam – uno dei più grandi al mondo. È dalla lotta contro la furia delle acque che ha preso forma il sentimento nazionale, diventato paradigmatico nel Novecento nella sua versione solidaristica e tollerante, e oggi ostaggio di una retorica nazionalista meno disposta ad accogliere ciò che non viene percepito come normaal. Una china pericolosa per un paese che ha fatto della sfida alle leggi dell’idraulica un marchio di fabbrica, della ribellione un punto d’orgoglio, della rottura degli schemi un credo calcistico, dell’innovazione una fortuna economica – come le coltivazioni intensive della Food valley, luogo ipertecnologico che rende l’Olanda seconda esportatrice di cibo al mondo e all’avanguardia nella ricerca sull’alimentazione del futuro. Ma per fortuna, come ha scoperto dopo lunghe ricerche lo scrittore Toine Heijmans, gli olandesi comuni una cosa in comune sembrano averla: sono molto poco normaal.
Fotografie di Francesco Giusti
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