- Se altrove la modernità e l'urbanizzazione hanno cambiato radicalmente il volto delle città lasciando giusto qualche scorcio dei centri storici vagamente intatto, Venezia ha sempre rassicurato il visitatore: puoi venire oggi, domani o tra dieci anni, il museo a cielo aperto sarà sempre qui. Questa visione cristallizzata e in parte coltivata dagli stessi veneziani, i limiti fisici all'espansione in orizzontale così come in verticale hanno contribuito a dare questa sensazione di immobilità e astoricità: ingannevole e per definizione impossibile in un ambiente anfibio e mutevole come quello lagunare. Le pagine di questo volume dimostrano il contrario, infatti: Venezia non è solo attraversata da grandi cambiamenti, ma potrebbe addirittura essere presa a paradigma delle crisi contemporanee, come termometro di quello che accadrà nel mondo, a simbolo dell'Antropocene. La città sembra scivolare su un piano inclinato dove calano gli abitanti e cresce il livello dell'acqua. Sono state erette mura difensive, dall'acqua alta con le barriere del Mose, e dalla marea di turisti che invadono l'isola con un ticket d'ingresso in via sperimentale dal 2024, che in futuro potrebbero diventare una misura permanente. Il precario equilibrio su cui si regge la vita a Venezia è da sempre minacciato dagli elementi naturali, ma relativamente nuova è la percezione che lo spopolamento e la riduzione alla monocultura turistica siano una minaccia altrettanto esistenziale. La città ha riserve d'ossigeno nei suoi studenti, nella sua storia di resilienza così come in un attivismo associativo che ha pochi eguali in Italia: ha portato alla tardiva ma necessaria espulsione delle grandi navi dal bacino di San Marco e preme perché si adottino soluzioni contro la crisi abitativa, la privatizzazione delle isole della laguna e il moto ondoso. La società civile chiede di re-immaginare la città, ascoltando la voce dei residenti e rispettando l'ambiente, per non ripetere gli errori del passato, quando per inseguire un ideale di modernità si è insediato un polo industriale petrolchimico in un ecosistema così vulnerabile.
Fotografie di Matteo de Mayda
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